Il decreto ingiuntivo è un atto emesso da un Giudice nei confronti di una persona fisica o giuridica per notificare che gli spetta il pagamento di una determinata somma nell’immediato. Ecco come muoversi se si viene indicati come debitori.
Il decreto in questione, chiamato anche provvedimento monitorio o ingiunzione di pagamento, è uno strumento immediato, efficace e che ha un costo irrisorio messo a disposizione del creditore per poter recuperare il proprio credito. Si tratta quindi di una garanzia in breve tempo per poter reclamare i beni di cui il debitore si è appropriato. Si può ricorrere a questa procedura però solo in casi specifici, che analizzeremo all’interno di questo articolo. L’ingiunzione viene emessa su ricorso del creditore, o di chi si dichiara esserlo, quando questi produce una prova scritta del proprio credito, senza la necessità di dover interpellare il debitore.
Questo provvedimento monitorio è un rimedio giuridico con il quale il giudice, su richiesta del creditore, notifica al debitore:
Poiché stiamo parlando di un vero e proprio atto giudiziario, questo trova la propria disciplina nel codice di procedura civile, agli articoli 633 e seguenti. Rientra nei procedimenti con prevalente funzione esecutiva, ossia:
Questo decreto viene emesso senza contraddittorio; questo significa che non viene ascoltata la controparte e non c’è un accertamento approfondito del diritto fatto valere. Proprio per questo motivo si parla di cognizione sommaria. Questo principio viene meno nel caso in cui il presunto debitore si opponga. In questo caso si tratta di procedimento a cognizione piena, con il quale si chiede al giudice di accertare chi ha ragione e chi torto tra le due parti. Questo comporta un prolungamento dei tempi e un aumento dei costi per avviare la pratica.
Il ricorso a questo decreto, come abbiamo detto, è uno strumento messo a disposizione del creditore al fine di ottenere velocemente il bene di cui ha diritto e che il debitore non gli restituisce. La sua peculiarità consiste:
Una volta ottenuto il provvedimento munito della formula esecutiva, esso costituisce titolo esecutivo, ossia quello strumento che la legge chiede al creditore per legittimarlo ad iniziare l’espropriazione forzata di beni, col fine di liquidarli e recuperare il credito dovuto. Per ricorrere alla procedura monitoria è necessario che il credito abbia determinati requisiti, al di fuori dei quali non è possibile ricorrere a questa pratica.
Qualsiasi soggetto, persona fisica o giuridica, può ricorrere al procedimento di ingiunzione per ottenere la condanna del debitore al pagamento di quanto dovuto. Solitamente la restituzione di denaro è il caso più comune. Le parti sono le seguenti:
Per depositare un ricorso per decreto ingiuntivo è necessario che ricorrano due condizioni:
1) il ricorrente sia titolare di un diritto di credito;
2) abbia una prova scritta del credito vantato.
Come abbiamo visto, l’emissione del decreto ingiuntivo avviene unicamente su richiesta del creditore, in assenza di contraddittorio del debitore. L’ingiunto può formulare opposizione al decreto ingiuntivo (art. 645 c.p.c.). Quando viene presentata l’opposizione, siamo nel caso di un processo ordinario, che quindi comporta un allungamento dei tempi e un aumento dei costi. Nell’opposizione le parti sono:
Si realizza così un’inversione formale delle parti. Poiché il debitore, opponente riveste il ruolo formale di attore (mentre sarebbe il convenuto) e il creditore , opposto risulta essere il convenuto (invece, sostanzialmente è l’attore). Presentata quindi l’opposizione al decreto, il procedimento verrà svolto nel contraddittorio tra le parti. Sarà il creditore quindi a dover dimostrare quanto preteso nella precedente fase monitoria. In questo ribaltamento delle parti, il debitore potrà difendersi contestando l’inammissibilità della pretesa fatta dal, in questo caso, presunto creditore.
Preme ricordare che in sede di opposizione a decreto ingiuntivo occorre esperire il procedimento di mediazione obbligatoria (esclusa in caso di proposizione del procedimento monitorio), infatti, la presenza di un’opposizione fa sì che questo diventi un procedimento ordinario, e segue quindi tutte le regole del caso. Il mancato esperimento comporta l’improcedibilità della domanda. L’opposizione si propone con atto di citazione, salvo il caso di crediti relativi a rapporti di lavoro o locazione in cui si impiega il ricorso.
L’atto di citazione in opposizione, come abbiamo visto, ha la forma della citazione e il contenuto di una comparsa di risposta. L’opposizione deve essere presentata con le seguenti tempistiche:
L’opposizione non verrà accettata se non rispetta i termini appena citati, salvo il caso di opposizione tardiva (art. 650 c.p.c.), che ricorre allorché il debitore dimostri di non aver avuto tempestiva conoscenza del decreto ingiuntivo:
In ogni caso, l’opposizione tardiva è inammissibile decorsi 10 giorni dal primo atto di esecuzione, come ad esempio il pignoramento di un determinato bene. L’atto di opposizione deve essere notificato al difensore del creditore (o alla parte se sta in giudizio personalmente); i termini di comparizione sono ordinari (un tempo erano ridotti della metà), ossia tra il giorno della notifica della citazione e quello dell’udienza di comparizione devono decorrere 90 giorni liberi (150 in caso di notifica all’estero). Il creditore opposto deve costituirsi almeno 20 giorni prima dell’udienza di comparizione e quando si costituisce, deve depositare il fascicolo del procedimento monitorio.
Il giudizio di opposizione può concludersi con:
Il provvedimento del giudice è soggetto agli ordinari mezzi di impugnazione, ovvero l’appello, il ricorso per cassazione e la revocazione ordinaria.
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