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L'impatto del Covid sulle imprese e sulle famiglie

Gli ultimi due anni sono stati caratterizzati dal tema “Covid-19”, che ha avuto un impatto preponderante nell’economia del nostro paese.

La crescita economica dell’eurozona ha subito un improvviso stop, e si è assistito ad una recessione dovuta principalmente ad un drastico calo della domanda interna e un generalizzato calo di fiducia da parte di consumatori ed imprese.

Nel nostro paese i principali aggregati della domanda interna sono diminuiti, con particolare riferimento alla spesa delle famiglie ridottasi del 7,5%(1).

In particolare, come riportato dall’ISTAT nel report del giugno scorso, la riduzione della spesa media per consumi delle famiglie ha riguardato principalmente: l’acquisto di beni non alimentari, trasporti, ristorazione, ricreazione, spettacoli, cultura e abbigliamento.

Il calo di spesa si è ridotto in tutto il territorio, ma la sua suddivisione risente delle differenze territoriali che la pandemia ha avuto nella sua diffusione in Italia. In particolare, all’inizio del 2020 l’area principalmente colpita fu il Nord-Italia (con particolare incidenza in Lombardia) dove si è registrato un calo di spesa di circa il 10%.

Un ulteriore dato interessante rilevato dall’ISTAT è rappresentato dal fatto che l’incremento della diminuzione della spesa media mensile è maggiore all’aumentare del numero dei componenti del nucleo familiare. Tali famiglie hanno ridotto la propria spesa dell’oltre l’11%.

Come è noto, poi, a soffrire ancor di più della crisi pandemica sono state le imprese e le partite IVA, le quali hanno visto notevolmente ridotta la propria attività e la propria capacità di espansione a seguito delle varie chiusure che si sono succedute negli ultimi due anni.

Gli aiuti statali, ancora, non sono stati spesso sufficienti a coprire le spese correnti che sono rimaste invariate e questo ha portato numerose imprese a cessare la propria attività.

La situazione del credito

Risulta quindi interessante fare una generale valutazione sull’andamento del credito nel nostro paese, per capire in che modo la crisi pandemica abbia inciso in questo settore.

In particolare, nei primi 5 mesi del 2020, così come rilevato dalla Banca d’Italia(2), si registra un incremento di prestiti di circa 25 miliardi in favore delle imprese (+11,5% rispetto al trimestre precedente), chiaro segnale della necessità delle imprese di avere la liquidità necessaria per far fronte alle spese correnti.

Al contrario, invece, si sono ridotti i finanziamenti alle famiglie, sia con riferimento alla concessione di contratti di mutuo sia con riferimento agli strumenti del credito al consumo (-2,5% rispetto al trimestre precedente). Anche in quest’ultimo caso, chiaro segnale della riduzione della capacità di spesa delle famiglie.

Con particolare riferimento alle imprese, il Governo ha cercato di venire loro incontro attraverso la proroga delle scadenze dei prestiti e delle rate per tutto il 2021(3).

Tuttavia, le varie misure di sostegno presupponevano come requisito l’essere in bonis, ovvero non avere posizioni debitorie classificate come esposizioni deteriorate nel sistema bancario.

Spesso e volentieri, quindi, stante il quantitativo degli NPL nel nostro paese, molte imprese (soprattutto ditte individuali) non sono riuscite ad accedere alle garanzie offerte dallo Stato.

I crediti deteriorati: NPL

La situazione, così come sopra descritta, avrà un impatto notevole anche sul generale volume dei c.d. crediti deteriorati (in inglese NPL = Non Performing Loans – trad. prestiti non performanti).

I crediti deteriorati sono crediti delle banche, come ad esempio i mutui, i prestiti, i finanziamenti in generale, che i beneficiari (debitori) non riescono più a restituire (ad es. si pensi all’incapacità del debitore di non riuscire a pagare in tempo, o non pagare del tutto, la rata del prestito).

In particolare, l’agenzia di rating S&P, a seguito di uno studio condotto sulla situazione degli istituti di credito italiani, stima per il 2021 un raddoppio dei predetti crediti con conseguente incremento fino ad oltre 200 miliardi di euro(4).

Tali stime verranno verificate soltanto l’anno prossimo, a seguito della chiusura dei bilanci di quest’anno.

E’ facile, conseguentemente, prevedere che da qui a fino anno e per tutto l’inizio del 2022, vi saranno numerose attività di cessione di crediti da parte degli istituti di credito verso i principali compratori.

E’ opportuno, infatti, ricordare che la presenza di NPL all’interno dei bilanci di una banca comporta una serie di eventi negativi per l’istituto medesimo. Tra i principali effetti negativi si possono ricordare: maggiori vincoli della banca nell’erogazione di credito (dovuti a maggiori garanzie patrimoniali richieste ai soggetti beneficiari) e una maggiore instabilità della banca stessa, con conseguente danno sia degli azionisti sia dei singoli risparmiatori (in particolare chi ha depositi bancari per somme di oltre 100.000€).

L’attività di cessione dei crediti ipotizzata è già cominciata in misura rilevante ad inizio anno, così come rilevato da Banca Ifis (uno dei maggiori acquisitori di crediti NPL) nel suo report(5) di inizio anno.

In generale, infatti, si stima un forte incremento nei bilanci delle banche dei crediti NPL dovuto ad un notevole tasso di deterioramento o default rate (ovvero un passaggio di un credito da Permorming a Non performing).

In altre parole, il debitore che prima riusciva mese per mese a pagare la rata del finanziamento è probabile che abbia maggiori difficoltà nei futuri mesi.

 NOTE:

1) Fonte Istat: Report 9 giugno 2021;

2) Bollettino Economico Banca d’Italia 1/2020;

3) mef.gov.it/covid-19/Sostegno-alla-liquidita-delle-famiglie-delle-imprese-e-degli-enti-locali/;

4) reuters.com/article/banche-npl-sp-idITL8N2JO3RT;

5) bancaifis.it/studi-e-ricerche/market-watch-npl-gennaio-2021/;

 

 

 




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